giovedì 17 gennaio 2013

PUGLIA BAROCCA /// Recensione di Angelo Sconosciuto apparsa su "La Gazzetta del Mezzogiorno" di domenica 13 gennaio 2013


BAROCCO
Quelle nostre cittadine protagoniste di un’epoca

Di Angelo Sconosciuto

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Brindisi e Francavilla, Mesagne e Oria. C’è tanto barocco in questi centri che ora nella provincia brindisina a quel tempo appartenevano all’unica entità geografica della Terra d’Otranto. Anche queste realtà, dunque, sono al centro dello studio che Mario Cazzato ha condensato nel bel libro «Puglia barocca» (pagg. 136, Euro 18) che per i tipi di Capone Editore, esce nelle librerie martedì 15 gennaio prossimo.
«Una storia generale del barocco pugliese in quanto categoria artistica e segnatamente architettonica, non è stata mai, fin qui, composta», scrive nella Premessa l’autore, che dal lontano 1986 e dal suo «Melpignano. Indagine su un centro minore», è andato sempre più focalizzando l’attenzione sui problemi e sulle questioni rilevanti di quella che viene considerata ormai come «civiltà barocca salentina».
E riferendosi alla «fondamentale monografia di M. Calvesi e M. Manieri Elia (1971) dal titolo Architettura barocca a Lecce e in Terra di Puglia» ed all’«Atlante del barocco in Italia (a cura di V. Cazzato, M. Fagiolo, M. Pasculli Ferrara)», l’autore sostiene che «si è potuto accertare come gran parte delle manifestazioni barocche del centro e del nord della Puglia hanno una rilevanza indiscutibile e una frequenza statistica significativa solo a partire dal XVIII secolo. Per quello precedente aggiunge -, per l’epoca cioè di formazione e di diffusione del barocco, l’area protagonista è quasi soltanto Terra d’Otranto e in particolare l’area leccese con in testa il capoluogo. Qui infatti possiamo agevolmente seguire la nascita e lo sviluppo di un nuovo linguaggio e come questo guadagni progressivamente l’intera provincia puntate nel barese. In questo senso non si può non essere d’accordo con la storiografia tradizionale che ha parlato giustamente di “barocco leccese” (V. Cazzato, 2003) e non già di “barocco barese” o di “barocco foggiano” che in un certo senso, più questo che quello, possiamo considerare come un’appendice del barocco napoletano tanto da poter essere studiati separatamente senza timore di incorrere in errori metodologici così come suggerisce il citato Atlante». «È perciò, ancora, opportuno partire da Lecce per ricostruire l’evoluzione di un nuovo linguaggio che ebbe la forza, tra l’altro, di trasformare per la prima volta dopo il Medioevo il volto delle città», egli sostiene.
Questo per far notare come «i due secoli del barocco pugliese influirono profondamente sull’assetto urbanistico degli abitati: i casi di Lecce, completamente risemantizzata, di Taviano, di Francavilla Fontana con i suoi lunghissimi assi viari, di Montemesola, di Gravina o di Serracapriola sono solo alcuni degli episodi più emblematici che aspettano ancora una lettura unitaria».
Ecco dunque spiegata la vicenda in otto capitoli, che prendono le mosse dagli esordi del «barocco leccese» e proseguono con «le opere e gli autori della transizione al barocco» e con le maniere entro le quali esso si sviluppa, quindi con le riflessioni su Giuseppe Zimbalo e sul barocco leccese, per poi passare alla prima riscossa «antibarocca» ed a Mauro Manieri ed osservare quindi la presenza dell’arte napoletana in Puglia. «Se a Napoli non si può parlare di barocco prima del 1631 (l’attività del Fanzago non si esplica compiutamente prima di questa data), a Lecce questo fenomeno deve essere spostato almeno di un quindicennio, con le opere di Cesare Penna dice Cazzato -. Nel decennio 1647-1656 c’è un grande fermento, rilevante non solo nel leccese ma anche in altre aree pugliesi. Dal 1656 al 1670 si verifica l’eplosione vera e propria del barocco leccese che diventa salentino tra gli anni ‘70 e ‘80 del secolo. In questi decenni la figura chiave è senz’altro Giuseppe Zimbalo. Fino alla sua morte, il 1710, costui occupa sempre un posto di rilievo nel panorama architettonico salentino anche quando la sua attività si intreccia con quella di Giuseppe Cino e del suo “clan”. Ma una svolta decisiva si avrà solo con Mauro Manieri (1687-1744) che spingerà l’ambiente artistico verso una radicale critica dell’esasperato decorativismo barocco di quegli anni». E Cazzato aggiunge: «Sarà tuttavia il terremoto del 1743 a costituirsi come episodio fondamentale dell’affermazione del gusto rocaille che unificherà il basso con l’alto Salento, segnando ancora una volta la differenza con la Capitanata gravitante sempre di più nell’orbita napoletana». Ecco spiegati, dunque gli ultimi due capitoli, dedicati alla diffusione del barocco in Terra di Bari ed al tardobarocco in Capitanata.
«La sinteticità di questa ricostruzione, che è soprattutto storica, lascia necessariamente in ombra non pochi fenomeni degni di più ampia trattazione», dice l’autore in conclusione, ma quello che ora vede la luce è davvero un libro per tutti: una sintesi ben fatta che suscita in chi è curioso la voglia di continuare a ricercare a confrontare situazioni, luoghi ed opere. E questo desiderio, spinge sempre ad majora.



Da "La Gazzetta del Mezzogiorno" di domenica 13 gennaio 2012


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